Se leggi i miei articoli o hai avuto modo di lavorare con me, probabilmente lo hai notato: parlo di strategie, di come migliorare un business, ma senza riempire tutto di termini tecnici e sigle da capogiro. Non è che non li conosca (anzi!), ma dietro questa scelta c’è una logica precisa. Non solo quando scrivo, ma anche nel rapporto diretto con i clienti, preferisco lasciare i tecnicismi fuori dalla porta e concentrarmi su concetti chiari e utili. Ecco perché:
1. Parlare chiaro funziona meglio
Hai mai letto un articolo o partecipato a una riunione e, alla fine, ti sei chiesto: “Ma che ho appena letto? O ascoltato?” C’è questa moda di infarcire i discorsi di parole complicate, come se spiegare bene le cose fosse un disonore. Io invece credo che farsi capire sia la base. I termini troppo tecnici rischiano di trasformare tutto in un esercizio di decifrazione. Meglio un linguaggio semplice e diretto, che arrivi subito e faccia venire voglia di proseguire.
2. Soluzioni, non teoria da manuale
Quando ti serve una soluzione, l’ultima cosa che vuoi è un discorso che si perde in dettagli tecnici. Serve sapere come risolvere questioni concrete, non una lezione di ingegneria informatica. Al posto di una sfilza di sigle, preferisco dirti le cose come stanno e passare subito al lato pratico. Questo approccio è lo stesso che porto sia negli articoli che nei dialoghi con i clienti: niente fumo, solo risposte chiare che ti servano davvero.
3. Ogni azienda è diversa
Se c’è una cosa che so, è che ogni azienda ha esigenze e sfide uniche. Sparare termini tecnici come se ci fosse una formula magica per tutti è più fuorviante che altro. L’obiettivo è capire cosa serve a te, non riempirti la testa di dettagli che magari non c’entrano niente con il tuo caso. Ecco perché parlo di concetti chiari, adattabili, che possano essere applicati a ogni realtà. Una soluzione che funziona davvero è quella che si adatta al cliente, non quella con più tecnicismi.
4. Voglio dare spunti, non creare un dizionario
Il mio obiettivo, che sia su un blog o in un incontro di consulenza, è darti spunti e idee, non un’ennesima “lezione da guru” piena di parole roboanti. Non c’è bisogno di passare mezz’ora a googlare (scusami, cercare su google!) ogni termine per capire come migliorare il proprio business. Con me, l’unico effetto speciale è ricevere risposte pratiche, non un’inutile aria di autorevolezza.
5. La tecnica è solo un mezzo
Non fraintendermi: la tecnica è importante e la conosco bene, ma non è la protagonista.
Il mio obiettivo finale è arrivare a un risultato concreto, non farti imparare la terminologia del settore. Un conto è sapere come funziona la tecnologia dietro un sito, un altro è usarla per ottenere il risultato di cui hai bisogno.
Nella pratica, il punto è far sì che tutto funzioni bene, non far scena con il linguaggio. Vale per i miei post e vale per il rapporto diretto con i clienti.
6. Parole roboanti? Solo se servono davvero (e quando parlo con altri tecnici, mi diverto anch’io)
Sappiamo tutti che c’è chi ama riempirsi la bocca con parole tipo “KPI”, “benchmarking”, “conversion rate”. Suonano bene, fanno scena. Ma servono sempre? Spoiler: no, anzi, spesso creano più confusione che altro. Preferisco dire “portare risultati” che “ottimizzare il funnel”, perché è questo che conta. Il linguaggio semplice è più potente di una cascata di termini da manuale e serve a evitare inutili mal di testa.
Ora, quando sono con altri tecnici, ammetto che mi diverto anch’io a usare i termini più sofisticati, come una lingua in codice tra addetti ai lavori. Ma con chi cerca una soluzione concreta e comprensibile, torno sempre a parlare chiaro. In fondo, i tecnicismi hanno il loro fascino, ma solo se usati nel contesto giusto e con chi può davvero apprezzarli.
7. Spoiler: i tecnicismi li conosco bene (e non vendo fuffa)
Non è che evito i tecnicismi perché non li conosco. Ho anni di esperienza su software gestionali, e-commerce, integrazioni complesse e tutto il resto. Se vogliamo parlare di “processi di back-end” o “flussi API”, posso farlo. Ma il mio obiettivo non è dimostrare quanto sono bravo in tecnicismi, né impressionarti con termini da guru. La mia missione è darti soluzioni che funzionano, senza le acrobazie linguistiche di certi “prendi i soldi e scappa” del marketing. Quando parlo con i clienti, l’obiettivo è chiarire, non impressionare a tutti i costi.
Esempio: un dialogo “tecnico” che serve a… nessuno
Immagina di assistere a una conversazione tra me e alcuni programmatori durante un progetto. I programmatori iniziano a discutere:
Programmatore 1: “Per far funzionare il sistema dobbiamo integrare l’API del CRM con il nostro back-end tramite un webhook asincrono, così sincronizziamo il funnel di conversione in real-time.”
Programmatore 2: “Certo, ma dobbiamo assicurare il match dei dati sul database PostgreSQL e generare le key univoche con il sistema OAuth 2.0, altrimenti perdiamo i dati di autenticazione…”
Io (rivolgendomi al cliente): “…Ha capito qualcosa?”
Quante volte si assiste a scene come questa? In questi casi, i paroloni non servono a spiegare nulla: sono più un esercizio di stile per chi parla, che finisce col dare un tono quasi “misterioso” alla conversazione. Per il cliente, però, questo crea solo confusione. Se il discorso non è chiaro, subentra lo scetticismo: “Ma questi ci stanno prendendo in giro?”
Per evitare questa trappola, traduco subito tutto in concetti semplici e diretti:
“Tradotto: i dati dei clienti saranno aggiornati automaticamente, senza complicazioni o perdite di tempo.”
In questo modo, il cliente non solo capisce, ma vede subito il valore concreto di quello di cui stiamo parlando. Il risultato? Meno fumo, più fiducia e nessuna sensazione di “questi stanno solo cercando di fare scena”.
Quindi, se nei miei articoli e nelle mie consulenze non trovi paroloni, ora sai perché. Voglio che ogni concetto sia chiaro, utile, e facile da capire senza troppi fronzoli.
Semplificare non significa evitare la tecnica, significa farla lavorare per noi, con l’obiettivo di ottenere risultati reali.
Foto di Luca Bravo su Unsplash